Set 20, 2020 - Racconti    Commenti disabilitati su Monòpoli e pandemia

Monòpoli e pandemia

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Francoise rifletteva sul suo rapporto con Laurent e pensava di non provare alcun senso di colpa per averlo tradito.

Aveva cominciato un anno fa, stufa di vederlo sempre appiccicato al televisore per guardare le partite di calcio.

Ormai non c’era più un giorno della settimana libero, tra anticipi, posticipi, coppe, campionato, per non parlare della domenica con gli orari sfalsati.

Aveva cominciato a frequentare Monique, un tipino tutto pepe con cui andare in giro a divertirsi, poi aveva accettato qualche invito a cena con giovanotti compiacenti, d’altronde pur non essendo più giovanissima, Francoise era senz’altro una bella donna, ed il suo modo di fare seducente ed allegro faceva colpo abbastanza facilmente.

All’inizio una cena, qualche passeggiata romantica e tuttalpiù qualche bacino, la cosa non aveva seguito.

Poi una sera, complice un bicchiere di vino in più ed un paio di occhioni penetranti, si era lasciata andare in una splendida serata estiva illuminata da un’enorme luna piena, aveva allentato le briglia e si era concessa la prima divagazione coniugale.

Non era stata una serata memorabile, il suo partner aveva avuto troppa fretta, comunque tutto sommato non le era dispiaciuto, anzi, soprattutto il fatto di sentirsi desiderata da un uomo di vent’anni più giovane l’aveva molto gratificata.

Per un po’ di tempo non si concesse più divagazioni, non aveva più voluto vedere Pierre, così si chiamava il suo giovane amante, tornò a frequentare Monique ed una sera mentre ridevano scolandosi una bottiglia di Dom Perignon, Monique la baciò, Francoise rimase sorpresa, poi lasciò andare le inibizioni e ricambiò il bacio, trascorsero una serata trasgressiva, mai prima di allora aveva pensato di fare l’amore con una donna e ne rimase piacevolmente sorpresa.

Il giorno dopo, svaniti i fumi dell’alcol, ripensò alla serata trascorsa, ma dopo la telefonata di Monique che le confessava di essersi innamorata di lei, decise di archiviarla, era stata un’esperienza piacevole, ma di certo non condivideva i sentimenti dell’amica.

Così cancellò Monique dalla sua vita, anzi no, continuò ad utilizzarla come alibi per le sue uscite, in contemporanea alle partite di Champions League, così Laurent poteva invitare i suoi amici, lei sarebbe stata d’impaccio.

Usciva da sola a bere qualcosa in un bistrot, naturalmente aveva avuto delle avances, ma non aveva trovato nessuna persona interessante, poi aveva conosciuto Philippe, non uno dei soliti giovani insignificanti, anzi aveva qualche anno più di lei, non particolarmente bello, l’aveva colpita il suo senso dell’humour.

Il loro incontro era cominciato in maniera piuttosto bizzarra, mentre passava accanto a lei, l’avevano urtato e una parte del contenuto del suo bicchiere era finito sul suo vestito, da lì, le scuse, poi qualche battuta e si erano presentati, avevano trascorso una piacevole serata e poi si erano salutati.

Francoise capì che era stato un incontro diverso dagli altri quando si sorprese a pensare a lui tutta la notte, al rientro dal bistrot aveva trovato Laurent piuttosto euforico, evidentemente la sua squadra aveva vinto, così euforico che volle far l’amore e lei accettò, però non fece l’amore con Laurent, o meglio il corpo era il suo, ma nella sua mente in quel momento c’era Philippe.

La mattina dopo realizzò che con Philippe non si erano scambiati i numeri di cellulari, avrebbe voluto rivederlo, sentire di nuovo la sua voce.

Laurent se l’era spassata a guardare il calcio in tv con gli amici, adesso steso sul letto rimuginava sulla sua vita, sua moglie Francoise non era ancora rientrata e nemmeno sua figlia Nathalie, non era da escludere che telefonasse per avvisare che restava a dormire dalla sua amica Marie, diventava sempre più difficile capire cosa avessero in testa i giovani oggi.

Quanto a Francoise il suo rapporto era agli sgoccioli, dopo vent’anni gli ardori erano sopiti e gli interessi comuni quasi nulli, una figlia ormai quasi adulta e poco altro.

Frequentava spesso la sua amica Monique, anche se più di una volta gli era venuto il sospetto che fosse una copertura per qualche scappatella, ma non gliene importava più di tanto.

Qualche anno prima aveva preso una sbandata anche lui, poi era finito tutto quando si era reso conto che non era l’unico spasimante di Brigitte, così si chiamava il suo oggetto di desiderio, ed aveva preferito ritirarsi in buon ordine.

Adesso non aveva grosse ambizioni nella vita, il lavoro da impiegato da trascinare fino alla pensione, il sesso con Francoise ogni tanto, giusto per giustificare la convivenza e poi l’unica sua passione: il calcio, che gli riempiva la vita, quasi sempre.

Il rumore della serratura lo distolse dai suoi pensieri, era rientrata Francoise, la osservò mentre si spogliava ed il desiderio lo assalì all’improvviso, senza tanti preamboli la prese alle spalle e la distese sul letto, di solito quando si comportava così suscitava delle reazioni irritate da parte sua, stavolta invece non fece una piega.

Anzi, contrariamente al solito partecipò in maniera appassionata, sembrava quasi che fosse la Francoise dei primi anni di matrimonio.

Laurent si addormentò soddisfatto, d’altronde quale modo migliore di festeggiare la vittoria della sua squadra del cuore.

<<Vedete ragazzi, quando si è in un bar rumoroso e affollato, si distinguono comunque i single e le coppie. Ci sono particolari inequivocabili. I single stanno in piedi e agiscono. Le coppie, esauste per il solo fatto di essere uscite di casa, cercano ossessivamente un posto per sedersi. E poi ci sono altri segnali come la scelta del carburante per socializzare o il linguaggio del corpo. Insomma voglio dire che ci sono molti modi di capire se uno ha la carica da single o il coma da coppia. >>

<<Quanto mi piace Ted! >> disse Nathalie

<<Vuoi mettere Marshall! >>rispose Marie

Cominciò così la battaglia con i cuscini, mentre le immagini di “How I met your mother” scorrevano sul video.

<<Sarà meglio che vada. >> disse Nathalie <<altrimenti chi li sente quelle due palle, si fanno i cazzi loro, non gliene frega niente di me, però trovano sempre il modo di rompere. >>

<<Resta qui da me. >>

<<Meglio di no, mi servono un po’ di cose, ciao Marie, alla prossima. >>

Storie di ordinaria vita coniugale, come ce sono tante, questa volta però nella vita di Francoise, Laurent e Nathalie irrompe la variabile che sconvolge le loro vite: è un virus, si chiama Covid 19.

Ve le immaginate tre persone che non si sopportano, che riescono a convivere perché trascorrono poco tempo insieme e all’improvviso si trovano a condividere gli spazi per una giornata intera?

L’inizio non è dei peggiori, sarà la novità ma nessuno dei tre la prende malissimo, magari pensano ad una soluzione di breve durata.

Cominciano anche loro le tipiche attività da lockdown, Laurent si prepara il pane fatto in casa, addirittura la pizza, anche se Francoise la detesta, per lei è un orribile disco di farina lievitata di difficile digestione e con una quantità abnorme di carboidrati.

Francoise dal canto suo ha scoperto tutti i video di fitness che circolano in rete e passa la maggior parte del giorno a sudare con i vari programmi di allenamento.

Nathalie dal canto suo è rinchiusa nella sua camera in videochiamata perenne con la sua amica Marie.

Poi quando si scopre che la situazione non cambierà a breve iniziano i problemi.

<<Laurent, guarda cos’hai combinato, c’è farina dappertutto! Tu e le tue maledette pizze, abitiamo in Francia, non in Italia. >>

<<Allora hanno ragione i miei amici italiani quando dicono che i francesi hanno la puzza sotto il naso, cosa sarà mai un po’ di farina. >>

<<La smettete di urlare, non riesco a studiare! >>

Ecco un esempio di caos generato dalla convivenza forzata, bisognerebbe poter tornare indietro nel tempo, come al Monopoli pescare un cartoncino delle Probabilità o Imprevisti con su scritto: “Ritornate a Vicolo Corto.“

Al momento invece avevano pescato insieme a tanti altri il cartoncino Imprevisti con su scritto: “Attenzione pandemia in corso, andate in prigione direttamente senza passare dal Via.”

Ago 24, 2020 - blog life, Racconti    Commenti disabilitati su Il mistero del quadro dimenticato

Il mistero del quadro dimenticato

Blu

Dipingere è stata una delle mie passioni giovanili, poi altri interessi sono subentrati e la pittura è stata accantonata,

Però era in stand by, l’avevo solo messa momentaneamente da parte, mi ripromettevo di riprendere non appena fossi stato in pensione, nel momento in cui mi sarei trovato a disporre di numerose ore di tempo libero, per superare il primo impatto da mancanza di impegni di lavoro.

Tutto sommato non me la sono cavata male, non ho avuto attacchi di nostalgia per il lavoro, poi è arrivato il lock down che ha intensificato la produzione artistica.

I social hanno contribuito a superare i momenti di inattività e a mantenere i contatti con gli amici e i parenti, tutto nella norma, fino al giorno in cui tramite Whatsapp mi arriva l’immagine di un quadro.

Il numero del mittente non è tra i miei contatti e questo stimola la mia curiosità, il quadro raffigura una ballerina che si allaccia una scarpetta su sfondo blu, probabilmente una copia di un dipinto di Degas, la firma è la mia, però non ricordo quando l’ho dipinto, probabilmente sarà stato trent’anni fa.

Ma chi è la misteriosa sconosciuta che mi ha inviato il messaggio su Whatsapp?

Alla mia richiesta di conoscere la sua identità mi ha risposto inviandomi un suo quadro raffigurante un ritratto di donna, scrivendomi testualmente: “ Il quadro è tuo pensavo lo riconoscessi, non pensare a chi sia il mittente, scusa il disturbo, lascia perdere”.

Oh cielo, non riesco a capire chi possa essere, è un mio quadro, a chi l’ho regalato?

Oppure potrei averlo venduto?

Mi piace pensare ad una mia ammiratrice, potrebbe esserci stata una storia fra noi due?

Improbabile, me ne ricorderei, potrebbe essere stata solo una simpatia, senza ulteriori conseguenze.

Ma allora perché inviarmi la foto del quadro dopo tanto tempo e perché celare la sua identità?

“Ero innamorata di te, mi piaceva ogni cosa che tu facevi, avrei voluto che mi considerassi un po’, ma tu eri già impegnato e non c’era spazio per me.Mi piacerebbe rivederti, però forse è troppo tardi, scusami ripensavo a diversi momenti della mia vita e mi è capitato di pensare a te, fai finta che non sia successo niente.”

“Non ti sei mai accorto di me, occupato com’eri a scherzare con tutte le persone fornite di un paio di tette, mentre io soffrivo in silenzio e non ti accorgevi di tutte le attenzioni che avevo per te, ti ho commissionato quel quadro per avere un oggetto tuo da venerare.”

  • Svegliati pigrone è ora di svegliarsi, la scopa elettrica ti attende stamattina!

La luce del giorno invase la camera da letto riportandolo nel mondo reale.

  • Senti cara, ti ricordi quella copia di Degas che avevo dipinto un po’ di tempo fa, ti ricordi mica a chi lo avevamo dato.
  • Figurati, con tutte le tele che hai imbrattato se me lo ricordo, forza salta giù dal letto.
Giu 26, 2020 - blog life, Racconti    Commenti disabilitati su L’ammore a Posillipo

L’ammore a Posillipo

na

 

<<Signora Carmela quanta mozzarella vi serve? >>

<<Fai una confezione di mozzarelle e una di fiordilatte, >>

Vincenzo prese le due confezioni dal suo furgoncino di rappresentante e le consegnò alla negoziante.

<<Signora Carmela oggi se volete ho anche la zizzona di Battipaglia, anche se, >> si avvicinò e abbassò la voce, <<non c’è bisogno di andare fino a Battipaglia per trovare la zizzona. >> indirizzando lo sguardo nel decollete della procace signora Carmela.

<< Vincenzì tieni sempre voglia e pazzià, lo sai che potrei essere tua madre. >>

rispose Carmela, ma dentro di sé provava piacere per le attenzioni di quel simpatico giovanotto.

<<Carmè ti spicci o no! >> una voce cavernosa giunse dal retrobottega,Pasquale il marito della signora Carmela mal sopportava quel modo di scherzare.

<<Arrivo! Va bè Vincenzì, ci vediamo la settimana prossima. >>

Vincenzo arrivò a casa parcheggiò il furgone della ditta, il tempo di una lavata e corse dalla sua bella, che in questo momento non era la sua ragazza, bensì la 500 che aveva acquistato di seconda mano con enormi sacrifici, ma avesse avuto una Ferrari non avrebbe provato le stesse gioiose sensazioni.

Correva l’anno 1978 o giù di lì, Vincenzo era orgoglioso di mostrarsi alla guida della sua 500 e salutava allegramente gli amici dal finestrino abbassato,

Oggi, domenica pomeriggio, avrebbe ascoltato volentieri “Tutto il calcio minuto per minuto”, ma era ansioso di passare da Rosaria, la sua ragazza, per farle fare un bel giro sulla sua automobile.

Di solito la domenica pomeriggio uscivano a piedi, lunghe passeggiate mano nella mano alla ricerca di un posticino dove godere di un po’ d’intimità.

In una città come Napoli però trovare un posto dove stare appartati non è un’impresa semplice, a piedi poi.

Si erano dati appuntamento a Piazza Municipio perché il loro fidanzamento non era ancora ufficiale, Vincenzo parcheggiò e scese dall’auto, si mise a contemplare l’automobile, era in buone condizioni, nonostante non fosse nuovissima, comunque per lui era bellissima.

Bellissima era anche Rosaria, quando la vide apparire col sole che le baciava il viso, pensò di essere fortunato ad avere una ragazza così bella.

<< Oggi finalmente abbiamo l’automobile, facciamo un bel giro fino al Parco della Rimembranza a Posillipo.>>

Il Parco della Rimembranza era il ritrovo delle coppiette, ci si parcheggiava e…

<< Non è meraviglioso! >> disse Vincenzo.

<< Stupendo! >> gli fece eco Rosaria.

<< Però devi darmi una mano. >>

<< Certo. >>

<< Passami dei pezzettini di scotch, io intanto preparo il giornale. >>

Dopo qualche minuto i vetri della 500 erano completamente tappezzati dall’interno di fogli di giornale, garantendo la privacy ai fidanzati.

Lungo i viali del Parco non era certo l’unica automobile ad essere tappezzata così, a Posillipo oltretutto si può godere di una vista meravigliosa, anche se molti degli automobilisti parcheggiati, in quel momento non si curavano molto del panorama.

<<Ti amo, si ‘a vita mia! >> sussurrava Vincenzo nell’orecchio di Rosaria mentre la baciava con passione.

<< Pur’io te voglio bene assaje. >> confermava Rosaria nella penombra creata dai giornali, ma mentre lo diceva una lama di luce penetrò nella vettura.

<<‘O scotch, s’è scollato ‘o scotch! >>

Questo era uno degli inconvenienti che poteva capitare, quando le effusioni diventavano più ardenti, nell’auto la temperatura saliva e la colla del nastro adesivo non reggeva.

D’inverno quando veniva buio presto, dopo qualche minuto di effusioni i vetri si appannavano e garantivano la privacy senza bisogno di ricorrere ai giornali, in primavera e in estate invece era impossibile farne a meno.

Vincenzo si diede da fare ed in un baleno rimise a posto lo scotch e riprese il lavoro interrotto, erano entrambi tremendamente sudati però erano anche felici.

Vincenzo azionò il dispositivo che serviva a sbloccare il sedile del passeggero in modo da poter ribaltare lo schienale all’indietro, fece sdraiare Rosaria e si sdraiò sopra di lei.

Era praticamente in estasi quando il toc toc sul vetro dell’auto lo fece sobbalzare.

<<Oddio e chi è? >> esclamò Vincenzo.

<<Secondo me sono i vigili, tengo paura! >> disse Rosaria allarmata.

<< Stai tranquilla, ci penso io >>

Vincenzo la confortò con una carezza mentre si rimetteva la camicia.

Si ricomposero, Vincenzo spostò il giornale e abbassò il finestrino, fuori dall’auto c’era un ragazzino con un vassoio da bar e dei bicchierini all’interno.

<<Vulite ‘ò cafè? >> fece il ragazzino.

Vincenzo strabuzzò gli occhi e guardò Rosaria con espressione sbigottita.

<< Va bè, dammene due! >> disse rivolto al ragazzo.

Mag 12, 2020 - Racconti    1 Comment

Odio le donne

donna

Evviva le mascherine, non gli dispiaceva andare in giro con la mascherina, usava quella chirurgica, così non doveva controllarsi e poteva tranquillamente parlare con se stesso, era un’abitudine che si portava dietro da ragazzo.

In casa non poteva farlo, altrimenti sua madre lo rimproverava, gli diceva che solo i pazzi parlavano da soli e per farsi intendere univa alle parole un paio di colpi di scopa sulle sue spalle.

Da quando era mancato suo padre, era diventato la valvola di sfogo di sua madre, praticamente ne aveva ereditato il ruolo.

Così si sfogava in strada, parlando di tutte le angherie che doveva subire da sua madre, si rendeva conto che stava esagerando quando incrociava lo sguardo allibito di qualche passante, anche perché allora accompagnava le parole con ampi gesti delle braccia e delle mani.

Col tempo aveva imparato a controllarsi, perlomeno nei gesti e riusciva a non dare troppo nell’occhio.

Trascorsa l’adolescenza aveva creduto di risolvere i problemi andando via da casa, aveva conosciuto Gemma, una ragazza con cui era uscito qualche volta, le era sembrata una ragazza dolce e remissiva, così le aveva chiesto di sposarlo.

I primi tempi furono abbastanza felici, sembrava guarito, non parlava più da solo, aveva un’interlocutrice.

La felicità però durò poco, scoprì poco a poco che Gemma non era affatto dolce e remissiva, poco alla volta era diventata la sua padrona, spostati di qua, mettiti di là, fai questo, fai quell’altro.

Poi erano cominciati gli insulti, sei un buono a nulla, guadagni una miseria, potresti fare un altro lavoro, così aveva ricominciato a parlare da solo.

Un aiuto glielo avevano dato gli auricolari per il cellulare, chi lo incrociava poteva pensare che stesse telefonando e lui era libero di sfogarsi.

Praticamente era caduto dalla padella nella brace, si era sposato pensando di salvarsi la vita ed invece aveva solo cambiato l’aguzzino.

Ripensandoci non aveva mai avuto un buon rapporto con le donne, a cominciare dalle scuole elementari con una maestra zitella che lo aveva preso di mira e la maggior parte del tempo glielo faceva passare dietro la lavagna.

Non era andata meglio alle scuole medie con la professoressa d’italiano ed alle scuole superiori con quella di matematica, ogni volta trovava almeno una donna che gli rompeva i coglioni.

Dimenticavo la segretaria dell’ufficio dove lavorava, gli incarichi più rognosi toccavano sempre a lui.

Aveva pensato a lungo, poi aveva trovato il sistema per risolvere i suoi problemi, un colpo in banca e poi sarebbe fuggito all’estero, con la mascherina ed un cappello in testa non l’avrebbero riconosciuto.

In casa aveva una pistola di quando era ragazzo, aveva dipinto di nero il tappino rosso, era fatta così bene che sembrava proprio vera.

I fatti accaddero con una rapidità sconvolgente, dopo essere entrato, minacciato il cassiere con la pistola, aveva racimolato meno di quanto s’aspettasse, i sistemi di sicurezza non lasciavano mai troppa liquidità a disposizione, però era stato tutto abbastanza facile.

Aveva ancora la pistola in pugno quando mise il naso fuori dalla banca, sembrava tutto tranquillo, ma una donna in divisa da poliziotta spuntò da dietro un auto parcheggiata.

<<Butti l’arma ed alzi le mani, lentamente!>>

Sbarrò gli occhi per lo stupore, la pistola gli sfuggì dalle mani sudate, il gesto che fece per cercare di recuperarla fu frainteso, due colpi lo raggiunsero in pieno petto.

Un velo nero cominciò a scendergli davanti agli occhi mentre stramazzava al suolo, la poliziotta gli si avvicinò e bestemmiò quando si accorse che la pistola era un giocattolo.

Aveva difficoltà ad articolare le parole, però prima di irrigidirsi riuscì ancora a dire:

<<Mi raccomando non fatelo sapere a mia moglie.>>

Mag 7, 2020 - Attualità, blog life, Racconti    Commenti disabilitati su I single e la pandemia

I single e la pandemia

nokia

– Dura la vita per i single col coronavirus?

– A chi lo dice!

Filippo intervistato dalla tv locale, rispondeva alle domande dell’intervistatrice che realizzava un servizio di costume sugli effetti della pandemia sulla popolazione.

– Per noi single è veramente dura, certo abbiamo scelto o per necessità di essere single, però un conto è avere la libertà di uscire, incontrare degli amici, un’altra è rimanere reclusi in casa.

Certo molti hanno cercato di risolvere con le videochiamate, ma io che ho un vecchio Nokia, si ricorda quelli con la suoneria tiritiri tiritiri ti?

– Si, certo me lo ricordo.

– Io neanche quelle potevo fare, mi accontentavo di parlare a voce. Poi non ho neanche Uozzap, perché il telefono è vecchio e non lo sopporta.

  • Supporta!
  • Come?
  • Niente, niente. Qual è il problema più grosso per voi single in questo periodo?
  • Quello di essere sempre soli e poi…
  • Poi?
  • Poi c’è le amiche, non potere… insomma il sesso.
  • Come l’ha risolta?
  • Ho chiesto ad un mio amico e mi ha risposto: Youporn e bricolage, ma non ci ho capito niente. Adesso però si può cominciare ad uscire.
  • Per andare a trovare i congiunti.
  • Giusto, ed io vado appunto a congiungermi, il problema è che c’è paura, è peggio dell’Aids, almeno con quello ti mettevi il preservativo ed eri quasi sicuro.
  • Come comunicate?
  • Con i messaggini, come le ho detto, io Uozzap non ce l’ho. Però ogni tanto faccio casino con i messaggi, non sono tecnologico. Una volta ho scritto: Quando me la dai? – poi per errore l’ho spedito a mia madre.
  • E lei cosa ha risposto.
  • Ha risposto: Ti faccio nata vota la pastiera, non mi ricordo che mela avevi chiesta.
  • Divertente, mi racconti l’ultima avventura..
  • Ci siamo dati appuntamento al supermercato, già che c’ero ho fatto anche un po’ di spesa. Ci siamo presentati da lontano con la mascherina, poi siamo andati in un sottoscala che conosceva lei. Per farci aprire ha detto che era la postina.
  • In un sottoscala?
  • Si, lei lo conosceva bene, non ci andava mai nessuno, era un palazzo abitato da gente anziana.
  • Uhm!
  • Comunque abbiamo fatto tutto con la massima sicurezza.
  • Con le mascherine?
  • Io si, lei però se l’è tolta… per forza. È stato bello, nemmeno caro, mi ha fatto lo sconto coronavirus, l’unico problema è che avevo comprato anche i surgelati e li ho dovuti buttare tutti.
Apr 22, 2020 - Racconti    Commenti disabilitati su Covid 51

Covid 51

astr

Anno 2151 missione sul pianeta Phobiator.

Dopo l’estinzione del genere umano di sesso maschile, causata dalla pandemia Balls-20, avvenuta nell’anno 2140, il pianeta Terra è abitato solo da umani di sesso femminile, la riproduzione è assicurata dalla fecondazione in vitro, con gli spermatozoi creati in laboratorio, anche se a scopo precauzionale è stato congelato sperma maschile conservato prima della terribile epidemia.

La pandemia Balls-40 è scoppiata all’improvviso tra la fine del 2139 e l’inizio del 2140, il paziente zero probabilmente è da ricercarsi nelle montagne del nuorese, trasmesso da uomo ad animale.

La trasmissione successiva del virus è avvenuta dall’animale al latte e quindi essendo il virus molto resistente si è trasmesso al prodotto finale: il pecorino sardo.

Il fattore scatenante della pandemia è da ricercarsi nel campionato mondiale di pesto, tenutosi a Genova nel febbraio del 2140, con l’utilizzo di abbondante pecorino sardo contaminato e praticamente da quel momento il virus si è diffuso in tutto il pianeta.

Il contagio avviene nell’apparato digerente dopo aver mangiato il prodotto contaminato, ma avviene anche per via aerea ed infatti il campionato mondiale di pesto ha generato un’enorme nube tossica che si è propagata in tutto il pianeta.

L’infezione, dopo un periodo d’incubazione di tre giorni, colpisce i testicoli che s’infiammano diventando di colore rosso acceso e aumentano di dimensione in maniera abnorme e la morte avviene per deflagrazione degli stessi.

Nel giro di sei mesi l’intera popolazione maschile è stata sterminata, la popolazione femminile è immune, o meglio vengono contagiate e propagano il virus senza subire conseguenze, in quanto essendo sprovviste di testicoli il virus non trova il terreno fertile adatto alla sua virulenza e quindi nel giro di una settimana diventa innocuo.

Suzie teneva un diario della missione, l’equipaggio era composto da venti donne inviate a colonizzare il pianeta Phobiator che aveva caratteristiche simili al pianeta Terra, per ovviare al Covid-51 un nuovo terribile virus creato nei laboratori e propagatosi all’esterno per un errore umano e che rischiava di sterminare la popolazione femminile.

Il Covid-51 era una mutazione del Balls-20 ed attaccava le ghiandole mammarie, le contagiate presentavano un aumento abnorme delle dimensioni dei capezzoli e delle mammelle e conseguente mortale deflagrazione, per evitare l’estinzione era stata organizzata la missione spaziale con venti soggetti sani.

Suzie però aveva un grosso rimpianto, la scomparsa del genere maschile le aveva lasciato un gran vuoto dentro, ricordava la storia d’amore con Agesilao prima che fosse colpito dal terribile virus.

Le sue compagne non si facevano grossi problemi per la mancanza del genere maschile, anzi avevano rimediato subito con entusiasmo, perfino eccessivo alla mancanza degli uomini.

Nel dicembre 2040 era stata inibita la riproduzione di esseri umani del genere maschile, in quanto la coda del terribile virus li distruggeva subito, era stato indebolito il cromosoma Y e quindi le riproduzioni artificiali facevano nascere solo individui di genere femminili, ritenuti più adatti alla nuova realtà terrestre.

Suzie però non si dava per vinta, si sentiva un po’ a disagio nel gruppo, non riusciva ad essere carina con le sue compagne di viaggio, che al contrario si lasciavano spesso andare ad effusioni tra di loro.

Suzie quando le altre dormivano, si recava nel laboratorio e lavorava su un campione di sperma umano portato clandestinamente nell’astronave.

Lavorava all’indebolimento del cromosoma X ed al rafforzamento di quello Y, se ci fosse riuscita avrebbe potuto programmare la nascita di un maschio.

Dopo un mese di lavoro era riuscita nell’intento, era pronta a sperimentare l’inseminazione artificiale su se stessa.

Dopo un altro mese Suzie fece il test di gravidanza e con somma gioia scoprì che era positivo, andò a dormire felice per quell’evento straordinario.

Nove mesi dopo atterrarono a Phobiator, nacque Agesilao jr., con somma sorpresa delle compagne di viaggio e la colonizzazione del pianeta cominciò.

All’età di sedici anni Agesilao jr,, venne incoronato re di Phobiator come unico rappresentante del genere maschile, nel frattempo erano nate anche delle bambine, negli anni successivi cadde in disuso la fecondazione artificiale e la riproduzione avvenne col metodo più antico del mondo.

Apr 18, 2020 - blog life, Racconti    1 Comment

Alice

Alice nel paese delle meraviglie

Il paesaggio sembra scaturito dalla penna di Lewis Carroll, e lei è lì che balla sul prato, com’è leggiadra Alice mentre volteggia con grazia, i veli trasparenti che la ricoprono lasciano intravedere le sue forme adolescenziali, i capelli biondi disegnano soffici volute nell’aria e poi si poggiano delicatamente sulle spalle bianche, dal bosco proviene una dolce musica: il waltz n.2 di Shostakovic, con le note che ballano con le goccioline di rugiada aggrappate tenacemente ai fili d’erba, mentre il profumo dell’imminente primavera s’innalza nella radura, sembra quasi di assaporare il gusto di miele d’acacia sulle labbra.

La luce filtra dalla persiana, Marco riapre gli occhi deluso per il risveglio e ascolta il silenzio irreale di una mattinata lavorativa, si fa per dire visto che a lavorare sono veramente in pochi, solo qualche mese fa il rumore del traffico s’insinuava tra gli infissi, molesto, invadente, poi il suono sgradevole della sveglia ti ricordava l’inizio del nuovo giorno.

Adesso ti meraviglia vederla lì, lei, la sveglia che continua imperterrita a scandire i secondi, i minuti, però in silenzio, non c’è nessuna fretta, la giornata da reclusi è lunga, lunghissima.

Oggi però c’è l’ora d’aria settimanale, la spesa alimentare, d’altronde bisogna pur mangiare anche se le calorie spese sono veramente poche, Marco avrebbe voluto cimentarsi nell’arte culinaria, ma sapeva già di non trovare la farina, il lievito ed allora avrebbe finito per comprare i soliti piatti pronti surgelati.

Uno dei problemi che ci troveremo ad affrontare quando la morsa della pandemia sarà allentata è l’obesità, il poco movimento, le pizze, le focacce ed i dolci fatti in casa abbondano su tutte le tavole, almeno su quelle di chi è riuscito a far incetta di lievito e farina.

Marco scese in strada e quasi avrebbe preferito ascoltare il suono di un clacson, invece c’era il vecchietto in mascherina che portava a spasso il cane, il runner solitario che faceva la circumnavigazione dell’isolato e nient’altro.

D’improvviso la vide nell’oasi canina, Alice osservava sorridente le rincorse del suo Schnauzer, adesso non aveva i veli addosso ma un bel paio di jeans attillati, una camicetta bianca, sbottonata quel tanto che basta per far intravedere la curva morbida di due seni giovanili.

Il suono di un’ambulanza lo distrasse quel tanto che basta da fargli distogliere lo sguardo, quando tornò a guardare verso l’isola canina Alice non c’era più, si guardò intorno ma non c’era anima viva.

Riprese un po’ contrariato la strada verso l’ipermercato e si preparò ad affrontare la sfida con gli altri clienti: il mantenimento della distanza sociale.

Mentre guardava desolato lo scaffale delle farine completamente vuoto, sollevò lo sguardo e la vide nel reparto delle tinture per capelli, afferrò il carrello e si precipitò verso di lei.

  • Signore scusi, non può passare dobbiamo ricaricare gli scaffali.
  • Devo… prendere una tintura,
  • Faccia pure il giro di là.

Marco si precipitò da quella parte, per poco non urtava una vecchietta e nel farlo aveva fatto in tempo a scorgere il suo sguardo terrorizzato.

Arrivò trafelato nel reparto tinture e Alice non c’era più, si mise a cercarla in tutte le corsie, niente si era volatilizzata.

Demoralizzato prese a caso un po’ di piatti pronti dal reparto surgelati e si avviò verso la cassa, la vide che stava uscendo, aveva due persone in fila davanti, non ce l’avrebbe fatta!

  • Permesso, permesso.
  • Signore, cosa fa, rispetti la fila!

Marco aveva abbandonato carrello e spesa e si era precipitato all’esterno, ma Alice era scomparsa, da quando Alice lo aveva lasciato, per una pausa di riflessione aveva detto, non era più riuscito a comunicare con lei, al telefono non rispondeva e a causa di questa maledetta pandemia non poteva nemmeno andare a cercarla.

Rincasò affranto e senza spesa, al diavolo tutto esclamò, si lasciò cadere sul divano e afferrò il telecomando dello stereo, ma sì, ascolto un po’ di musica a tutto volume così mi tiro su, col pollice premette il tasto rosso dell’accensione e le note della canzone risuonarono nell’aria :

E io non ci sto più
E i pazzi siete voi…

Alice guarda i gatti e i gatti girano nel sole
Mentre il sole fa l’amore con la luna.

Feb 27, 2020 - Attualità, blog life, Racconti    Commenti disabilitati su L’amore ai tempi del coronavirus

L’amore ai tempi del coronavirus

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Etciù!

Lo starnuto di Gianni risuonò sonoro nell’appartamento.

Meno male che sono ancora in casa, pensò Gianni, non ho fatto a tempo a proteggermi col gomito, fossi stato in strada avrei scatenato un fuggi fuggi generale.

Si infilò il giubbotto, cappello e sciarpa a mo’ di mascherina e scese in strada.

Le strade erano deserte, pochi viandanti, poche automobili, l’aria era tersa, il cielo sgombro di nuvole e il sole perfino troppo caldo in questo febbraio anomalo.

Di positivo c’era che con così poche auto l’aria era sicuramente più respirabile.

In giornate così sembrava impossibile ammalarsi, i suoi pensieri andarono a pescare nei ricordi dell’infanzia, quando era a letto con la febbre e magari fuori era brutto, pioveva, faceva freddo, sembrava quasi una logica conseguenza essere a letto ammalati.

In una giornata di sole no, non ci si può ammalare, non si può stare a letto febbricitanti in una giornata di sole.

Eppure in questo strano febbraio, di questo maledetto anno bisestile erano in tanti a dover stare a casa col sole, oltre a quelli malati, anche quelli costretti in via precauzionale, e quelli volontariamente reclusi per sfuggire alle proprie paranoie.

Aveva deciso di fare quattro passi a piedi per andare da Marta, la sua ragazza, erano insieme da sei mesi, non sapeva ancora dire se erano fatti l’uno per l’altra, fisicamente le piaceva molto, il suo sorriso era irresistibile, altrettanto irresistibili i suoi sbalzi d’umore.

D’altronde nella sua esperienza di quarantenne, donne prive di sbalzi d’umore non ne aveva conosciute, e facendo un po’ di autocritica anche lui stesso aveva un carattere un po’ fumino.

Di Marta le piaceva il carattere: solare, allegra, piena d’iniziative, e soprattutto dotata di “sense of humor”, nelle giornate di luna buona si facevano scorpacciate di risate insieme.

Così perso nei suoi pensieri era giunto nei pressi del suo appartamento e per continuare la sua uscita salutista salì a piedi i tre piani per giungere da Marta.

Dlin, dlon!

La porta si apre e Gianni fa per entrare, poi si blocca e strabuzza gli occhi.

  • Ma… mi accogli con la mascherina?
  • Shhhhh! Mettila anche tu.
  • Ma…
  • Obbedisci!
  • Veramente… sono venuto perché… insomma non dobbiamo far l’amore?
  • Lo so.
  • Con la mascherina?
  • Beh, non ti ricordi quando avevo il mal di gola, lo facevamo senza baciarci.
  • Si, però…
  • Cosa fai?
  • Visto che non posso baciarti ti tocco.
  • Pazzo, prima usa l’amuchina.
  • E va bene, disinfettiamoci le mani. Adesso posso toccarti?
  • Sarebbe meglio di no, dovremmo stare almeno ad un metro di distanza.
  • Noooo!
  • Senti ho pensato ad una cosa bellissima, un’esperienza diversa, ascolta tu ti metti sul divano ed io sulla poltrona e poi cominciamo a spogliarci.
  • Non mi entusiasma molto.
  • Dai, pensa agli adolescenti che si fanno la videochiamata con lo smartphone, noi invece siamo vicini.
  • Ma io non sono un adolescente!
  • Per una volta torniamo bambini, su!
  • Non mi ispira.
  • Dai, se proprio vogliamo esagerare guardiamo anche un film porno.

Gianni perde la pazienza, si toglie la mascherina la butta via e si avvia verso la porta.

  • Facciamo così, ci rivediamo tra un mesetto quando questa psicosi sarà passata.
  • Ti prego non andare via, magari…
  • Magari?
  • Posso concederti una pecorina.

 

 

Ott 15, 2019 - blog life    Commenti disabilitati su Rainbow

Rainbow

arc2

D’improvviso il cielo si rabbuia, la luce si affievolisce, un chiarore giallognolo colora gli oggetti e i visi delle persone.

Sbuffi di vento, prima timidi, poi sempre più consistenti sferzano gli arbusti, piegandoli al loro volere.

Il vento solleva le foglie già cadute sul terreno e stacca quelle ancora rimaste appese ai rami, ora volano insieme in un turbinio di colori, ed ecco le prime gocce che bagnano il terreno, in un attimo la pioggia s’infittisce e si formano le prime pozzanghere.

Un fuocherello spaurito, acceso da chissà chi, prova a resistere alle prime gocce d’acqua, poi la pioggia aumenta d’intensità e la lotta diventa impari, del fuoco non rimane traccia, solo cenere dispersa.

Adesso la pioggia sembra un muro impenetrabile, tanto è fitta, le strade sembrano torrenti, le auto faticano ad avanzare e sollevano onde d’acqua e fango al loro passaggio.

Ai pochi viandanti grondanti acqua fino all’inverosimile, non resta che rassegnarsi, imprecando per l’ennesimo ombrello distrutto.

Il buio sembra inviolabile, quando ad un tratto una lama di luce attraversa la spessa coltre di nubi, lo squarcio s’allarga, ritorna la luce piena, la pioggia cessa e nel cielo prende forma un arco, dal rosso al violetto, la tavolozza della natura dipinge nel cielo uno splendido arcobaleno.

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