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Raggi di luce

s’irradiano

tra le nuvole grigie

mentre le pozzanghere immote

ne riflettono il calore.

Marosi

si rincorrono gioiosamente

e catturano lo sguardo

di passanti intirizziti.

I muscoli ancora sonnolenti

faticano a reggere l’andatura,

ma piano piano

il torpore svanisce.

Un gabbiano immobile

sulla balaustra

s’invola

alla ricerca

dell’ennesima preda.

L’esplosione di vitalità

coincide

con l’apparizione

di uno spicchio di sole.

Tutto sembra rinascere

dopo la quiete notturna.

I passi leggeri s’inseguono

felici della ritrovata energia,

il passo ridiventa fluido,

si rinnova la magia della corsa.

Il sole comincia a filtrare tra sbuffi
di nuvole, il mare calmo, esausto dopo aver accompagnato le orde
vacanziere per tutta un’estate, si concede una tregua.

Frammisto al rumore della risacca,
s’ode soltanto lo scalpiccio di un runner solitario e le orme
lasciate sulla battigia son lì a dire, “esisto anch’io”.

In un attimo l’onda cancella quel
fugace segno di passaggio e nulla rimane a testimoniarlo.

Quel che l’onda non può cancellare, è
la gioia che prova quel runner a riempire i polmoni di salsedine, è
la felicità di compiere quel gesto meraviglioso che è la corsa,
lasciando fluire liberamente, all’unisono, le sue gambe e i suoi
pensieri.